N° 59
1.
L’eco
dell’esplosione risuona ancora nelle orecchie di Capitan America. Per fortuna
non appena si è accorta del piccolo stinger, quasi sicuramente sparato da un
bazooka, che stava per colpirli ha preso il volante ed ha bruscamente sterzato
mentre lei lanciava lo scudo contro il missile deviandolo ma lo spostamento
d’aria ha fatto comunque rovesciare la loro jeep.
-Willard, tutto bene?- chiama Liz Mace.
-Nessun osso rotto, se è questo che intendi.-
replica Ben Willard.
Meno
di ventiquattr’ore prima l’uomo che si fa chiamare Willard era il capitano di
una chiatta che risaliva un fiume nel cuore più profondo della regione del
Sudest Asiatico nota come Triangolo d’Oro, ora, al pari di Capitan America, è
un fuggiasco inseguito dalle milizie del crudele Generale Wo, il tiranno
locale, e, peggio ancora dai mostruosi ibridi umani e felini assetati di sangue
al suo servizio. E tutto per aver accettato di portare una bella donna con
un’identità che puzzava di fasullo lontano un miglio nella parte più
inesplorata e pericolosa del Sin-Cong. Certo, il compenso era molto allettante,
ma, ripensandoci, non abbastanza da rischiare di fare da pranzo ai coccodrilli
o da cena ad una tigre umanoide.
Certo
ci sono anche i lati buoni. Ad esempio: la sua compagna di fuga è uno schianto
di ragazza e si è rivelata essere nientemeno che la nuova Capitan America e
poi... e poi… a pensarci bene, i lati buoni sono finiti.
Cap
lo aiuta a rialzarsi in piedi, poi recupera lo scudo. Nel frattempo le guardie
di Wo stanno arrivando ed i primi proiettili cominciano a fioccare ma lei è in
grado di pararli facilmente. Volge lo sguardo al suo compagno:
-Vattene!- lo esorta –Scappa!-
-E tu?-
-Io sono Capitan America. Non scappo mai.-
Ma
che belle parole, pensa Willard, perché questi cosiddetti eroi devono sempre
giocare a fare i duri? Le parole che
lui pronuncia subito dopo stupiscono perfino lui stesso:
-Allora rimango. Da solo non durerei cinque
minuti in questa jungla. Insieme abbiamo qualche probabilità di farcela.-
Lei
gli rivolge un’occhiataccia, poi replica:
-Tu comincia a correre, io ti raggiungo in un
minuto.-
-Un minuto?-
-Mi basterà.-
Liz
lancia il suo scudo che compie un mezzo cerchio e disarma le prime guardie c, poi
si getta loro addosso. Quarantacinque secondi dopo li ha abbattuti tutti e
comincia a correre.
Pochi
istanti dopo è di nuovo accanto a Willard. Gli dà una spinta e lo getta nel
vicino fiume, poi si tuffa a sua volta e tutti e due si lasciano trasportare
dalla corrente.
Con un po’ di fortuna,
pensa Cap, perderanno le nostre tracce.
Il
Comandante America se n’è appena andato che Simon Bixby aziona un telecomando e
una parete si sposta. Dal vano segreto escono un ragazzo e una ragazza.
Entrambi indossano un costume verde, replica quasi esatta di quello
dell’Aviatore Notturno, i loro volti sono coperti da una maschera che ne cela
la metà superiore, gli occhi sono nascosti da lenti a specchio. Sul petto del
ragazzo il simbolo della lettera greca beta. Su quello della ragazza, dalla cui
maschera fuoriescono fluenti capelli biondi, il simbolo alfa.
Restano
immobili come soldati… o robot… in attesa di ordini.
-Agente Alfa… Agente Beta...- comincia dire
Bixby -… il nostro cosiddetto cecchino infallibile ha fallito. Ora tocca a voi.
Portatemi la testa di Joy Mercado e di chiunque dovesse sbarrarvi la strada
durante la vostra missione.-.
-Siamo gli Agenti Perfetti.- esclamano
entrambi quasi all'unisono –Non falliremo.-
Me
lo auguro davvero, pensa Bixby, non mi andrebbe di dover attivare il Piano C.
Ufficialmente
l’uomo davanti a lui è l’Attaché Militare presso l’Ambasciata Americana in
Thailandia e quello seduto alla sua sinistra è il Terzo Segretario addetto agli
scambi commerciali della stessa ambasciata. Ufficiosamente il primo è il capo
stazione della D.I.A.[1]
a Bangkok ed il secondo svolge lo stesso incarico per la C.I.A.[2]
e il Tenente Colonnello Michael Rossi lo sa molto bene.
-Tu sei pazzo, Mike.- gli sta dicendo il
militare, un altro colonnello dell’USAF proprio come lui.
-Me l’hanno detto in tanti.- replica Rossi
–Uno più uno meno non fa molta differenza.-
-Ci stai proponendo una specie di missione
suicida e per giunta non autorizzata.- rincara la dose l’uomo della C.I.A.
-Sennò dove starebbe il divertimento?- ribatte
di nuovo Rossi –Insomma… ci state?-
Sono
tutti in un locale di Patpong, il quartiere a luci rosse di Bangkok, il posto
più adatto perché nessuno badi a loro: sesso e illegalità a buon mercato.
-Per me va bene.- risponde l’agente della
C.I.A. –Del resto io non rispondo a voi militari. Ti posso trovare i migliori
mercenari sulla piazza ma ti costeranno.-
-Ho i soldi.- Rossi si rivolge all’uomo della
D.I.A. –E per l’elicottero?-
-Ho un uomo nell’esercito thailandese.-
risponde questi. Solo i capelli corti ed un certo portamento tradiscono la sua
professione –Per il giusto prezzo guarderà dall’altra parte mentre ne
prenderemo uno.-
-Quando vuoi iniziare?- chiede l’uomo della
C.I.A.
-Stanotte.- è la laconica risposta.
-Non sarà facile... ma ci riuscirò. Spero che
quella ragazza ne valga davvero la pena, Mike, perché rischierai il collo per
portarla via da dovunque si trovi… e a proposito di ragazze… meglio farne
venire qualcuna o ci salterà la copertura. Ah… i sacrifici che uno deve fare
per il suo paese.-
Rossi
sogghigna divertito.
2.
Quantico, Virginia, sede
della più grande basi dei Marines in territorio americano nonché dell’accademia
del F.B.I. e del Servizio Segreto degli Stati Uniti (che nonostante il nome non
è un servizio segreto e si occupa della protezione del Presidente degli Stati
Uniti e dei reati valutari, ma questa è un’altra storia).
Di
questi tempi è anche la sede temporanea del F.B.S.A. l’agenzia federale che si
occupa di superumani.
Il
direttore Jasper Sitwell è appena tornato da un weekend molto intenso e si è
subito rimesso in pari con il lavoro. È fatto così: dedizione assoluta.
Ultimamente solo una donna di nome Whitney Frost riesce a distrarlo.
L’uomo
che entra è il Vice Direttore Investigazioni. Si chiama Jack Norriss e, che ci
crediate o no, c’era un tempo in cui era membro di una specie di setta satanica
ed è stato anche sposato con una Valchiria… più o meno.
-Com’è andato il weekend, Jasp?- chiede prima
di sedersi.
-Uh… bene, direi.- è la laconica risposta di
Sitwell, poi alza gli occhi dalle carte sul suo tavolo e chiede –Novità
sull’inchiesta?-
Non
c’è bisogno che specifichi quale inchiesta. Per ogni agente di ogni grado
dell’agenzia “l’inchiesta” è una sola: quella sull’attentato alla loro
precedente sede, che è costato un sacco di vite e di feriti. Tra i morti ci
sono Capitan America e il reporter Jeff Mace, che in pochi sanno essere la
stessa persona, tra i feriti gravi, il Vice Direttore Operazioni Henry Peter
Gyrich, ancora in prognosi riservata.
-Qualcosa si muove.- risponde Norriss –Credo
che abbiamo identificato il cecchino che ha cercato di uccidere Joy Mercado.-
-E sarebbe?-
-Lo chiamano proprio il Cecchino. Le poche
notizie su di lui ci dicono che è un ex militare, membro delle forze speciali.
Nessuno sa chi sia effettivamente, ma abbiamo ristretto i possibili candidati a
tre soggetti: il capitano Henry Kenyon, Esercito, Delta Force, congedato con
disonore ed in seguito mercenario in vari paesi “caldi”. Da due anni è
semplicemente scomparso. Maggiore Bartholomew Canning, Marines, attualmente
vice presidente di una società di contractor per la Difesa, ovvero mercenari
legalizzati; Tenente Philip Wilcox, Navy SEALS, dimessosi un anno e mezzo fa.-
-Tutti cattivi soggetti in qualche modo.-
sottolinea Jasper –Tu su chi punti?-
-Il mio favorito è Kenyon… ma è anche l’unico
che non si trova.-
-Trovalo… usa tutte le risorse che abbiamo: è
il primo indizio su quei… bastardi… che hanno provocato così tanti morti.-
-Lo troverò.- è la promessa di Norriss.
Escono
dal fiume sperando di essere ormai abbastanza lontani. Purtroppo non possono
scaldarsi con un fuoco per non attirare attenzione, ma il caldo che fa dovrebbe
rimediare, almeno in parte.
Liz e Willard siedono in
mezzo all’erba.
-E allora…- chiede Willard -… com’è essere una
supereroina?-
-Uhm… forse si dorme meglio che ad essere un capitano
di marina diventato contrabbandiere.- risponde lei.
-Io dormo benissimo e…-
-Silenzio!-
Cap
lo getta nell’erba, tuffandosi contemporaneamente anche lei. Nel buio davanti a
loro si agitano delle figure: gli ibridi. Passano davanti a loro senza notarli
e si allontanano.
-Non ci hanno sentito.- sussurra Liz -Siamo
sottovento, ma bastava poco per cambiare le cose.-
-Ma chi sono?- chiede Willard.
-Non ne sono sicura: più di quarant’anni fa il
governo di quello che era il Vietnam del Nord varò un programma di ingegneria
genetica per trasformare un gruppo di uomini e donne in superumani con
caratteristiche animali ed in grado di trasformarsi in essi. Il progetto fu abortito e delle cavie non si
seppe più nulla. Evidentemente Wo è riuscito a metterci le mani sopra. Non so
se quelli che abbiamo incontrato sono proprio loro, rimasti in animazione
sospesa fino ad oggi, o i loro figli ma non credo che abbia molta importanza.-
-E adesso che si fa?-
-Tu fai quello che vuoi, io sono stata mandata
qui per neutralizzare la minaccia di Wo e delle sue belve ed è quello che
intendo fare… a qualunque costo.-
-Te sei pazza, lo sai?
-Immagino di sì.- ribatte, sorridendo Liz.
Leila
Taylor sta uscendo dal palazzo della WFSK quando qualcuno piomba dall’alto e
l’afferra portandola su un vicino tetto.
-Falcon!- esclama la donna –Sei diventato
matto?-
-Avevo bisogno di parlarti… in privato.-
replica il supereroe di Harlem.
-Avevi tante occasioni di farlo. Perché
proprio adesso?-
-Perché finora non sapevo che non eri ancora
sposata con Kamal Rakim quando hai avuto le tue gemelle. Mi hai fatto credere
che fossero figlie sue.-
-Io non ti ho fatto credere niente, Sam. Sei
tu che ha creduto quel che volevi. Adesso fai la domanda che vuoi davvero
farmi, coraggio.-
Falcon
resta brevemente in silenzio, riflettendo, poi le sue parole sono:
-Va bene… sono io il padre?-
Leila
lo fissa in silenzio per un istante che sembra eterno, poi…
-No.- risponde lei.
-Sei disposta a sottoporle ad un esame del
DNA?-
Leila
si morde le labbra.
-Te lo sogni.-
-Come desideri. Ne riparleremo.-
Falcon
spicca il volo lasciando Leila da sola. La donna borbotta un improperio e si
dirige verso la porta del tetto.
3.
Joy
Mercado esamina ancora una volta i files che Jack Norriss le ha passato. In
qualche modo tra questo materiale c’è qualcosa che è sfuggito sia a lei che
agli investigatori del F.B.S.A. ma cosa può essere? Ha letto e riletto quei
dossier almeno una decina di volte e non ci ha visto nulla di strano, quindi
cosa c’è che preoccupa qualcuno al punto di volerla morta?
La
redazione di Now è semivuota… a parte Charlie Snow, il direttore, che sta nel
suo cubicolo intento a rivedere il sommario del prossimo numero della rivista,
e pochi altri. A due angoli opposti della grande stanza due poliziotti in
divisa la stanno più o meno discretamente sorvegliando Joy. Dopo il recente
attentato ai suoi danni[3]
la Polizia ha deciso che è bene tenerla d’occhio.
Joy si alza in piedi
rivolgendo un sorriso alla sua guardia del corpo personale, l’enigmatico Ace,
che sta seduto alla scrivania che era di Jeff Mace. Il ricordo di Jeff la
colpisce come una frustata. A lungo si era detta che quello che c’era tra di
loro era solo del sano divertimento sessuale tra adulti consenzienti, ma ora
che non c’è più si è accorta che le ha lasciato dentro un vuoto che non sa come
colmare, di certo non andando a letto con Ace o con chiunque altro. Ci sono
cose che avrebbe dovuto dirgli e non l’ha mai fatto ed ora… ora è troppo tardi.
Raggiunge
il distributore d’acqua e si china a recuperare il bicchiere, consapevole che
gli occhi di tutti, compresi i poliziotti, sono puntati sul suo sedere fasciato
da pantaloni aderentissimi a vita bassa che lasciano intravedere forse più di
quanto dovrebbero.
Ridacchia
tra sé. Nonostante tutto si diverte a provocare gli uomini. Sa che è un
atteggiamento un po’ infantile ma non riesce a farne a meno.
Paradossalmente
è proprio quel suo atteggiamento a salvarle la vita ancora una volta: è proprio
perché gli occhi sono tutti puntati su di lei che si accorgono della sottile
linea di luce che si sta posizionando all’altezza della sua nuca. Il suo
piegarsi aveva costretto il cecchino a rimandare il colpo ma la traccia del mirino
laser era rimasta visibile.
Agli
occhi di Joy la scena sembra svolgersi al rallentatore. Non capisce cosa
gridano tutti e sente appena la spinta datale dal poliziotto e le sembra quasi
una marionetta quando viene respinto indietro dalla pallottola destinata a lei.
In
realtà l’azione è durata non più di due secondi e solo quando cade a terra Joy
si rende conto che la materia vischiosa che le ha imbrattato il viso e la
camicetta è il sangue del poliziotto.
Forse non è davvero la cosa più intelligente
che abbia mai fatto, ma la è la cosa giusta e di questo Liz è profondamente
convinta: non può semplicemente fuggire da lì lasciando il potere di Wo
intatto. E poi c’è la questione degli uomini belva. Quanto sono consapevoli di
quello che fanno e quanto sono sfruttati da Wo? Non può lasciare le cose come
stanno: non sarebbe da Capitan America.
Dietro
di lei, l’uomo di nome Ben Willard.
-Non eri tenuto a seguirmi.- gli dice –Potevi
continuare la fuga. Con la tua conoscenza dei luoghi potevi riuscire ad arrivare
in qualche luogo civilizzato.-
-Non credere che non ci abbia pensato…-
risponde l’australiano –Ma l’idea di restarmene da solo in balia di quelle
belve umanoidi non mi attirava molto e tutto sommato mi sento più al sicuro con
te… e con in mano questo.- agita il fucile Kalashnikov che ha preso ad una
delle guardie precedentemente abbattute.
-Silenzio!- gli intima Cap –Siamo vicini
ormai.
Nel
buio la fortezza ha un’aria decisamente sinistra, rischiarata com’è da poche
luci.
Bene…
adesso che farà? Uccidere Wo è fuori questione e prenderlo prigioniero è
portarlo via da lì attraverso un territorio ostile non sarà facile. Con
l’eccezione della Thailandia, gli stati vicini non sono propriamente amici
degli Stati Uniti e Liz teme che anche il governo del Sin-Cong non si farebbe
troppi problemi a liberare Wo subito dopo. Dovrebbe portarlo in Corea del Sud
ma provare a raggiungerla via terra è impensabile tentare via mare è
praticamente impossibile. La sua sola speranza è che Wo abbia qualche mezzo
aereo. Si accontenterebbe anche di un piccolo elicottero. Maledizione… perché
gli eroi d’azione delle opere di fiction non si pongono mai questi problemi? Se
solo avesse con se la sua communicard potrebbe chiamare in soccorso i
Vendicatori ma dev’essere rimasta nella fortezza di Wo. Cap sospira e si
prepara a fare quel che deve fare.
-Tu resta qui.- intima a Willard.
L’altro
fa una smorfia di disappunto ma lo sguardo di Liz lo convince a non discutere.
-Va bene.- dice –Ma almeno tu, Charlene… Cap…
qualunque sia il tuo nome… non farti ammazzare.
-Farò del mio meglio.- è la risposta
accompagnata da un sorriso.
Willard
la guarda mentre si allontana fondendosi tra le ombre, poi, dopo che è
scomparsa alla vista, attende qualche minuto, quindi borbotta:
-Accidenti a me.-
E
comincia a seguirla.
L’elicottero
è uno Huey, come viene chiamato popolarmente negli Stati Uniti. La sua
designazione formale è: Bell UH-1 Iroquois ed anche se è un vecchio modello,
serve ottimamente allo scopo, pensa Mike Rossi. Non ricorda di aver organizzato
così rapidamente un’operazione clandestina di soccorso, talmente clandestina
che se i suoi superiori ne fossero a conoscenza lo degraderebbero all’istante.
Naturalmente la questione è accademica: se riuscirà probabilmente non oseranno
rimproverargli nulla, se dovesse fallire, quasi certamente il suo cadavere
ingrasserebbe l’erba ed i giudizi dello Stato Maggiore non lo interesserebbero
più.
Guarda
gli uomini armati davanti a lui. Non sa dove capo locale della C.I.A. lì abbia
reclutati e non gli importa nemmeno, l’importante è che sappiano fare il loro
lavoro. Quanto a lui, non lascerà morire Liz Mace in quelle fottute jungle e
questa è l’unica cosa che gli importi.
-Spero che siate pronti, signori…- dice al suo
uditorio -… perché si parte.-
4.
Nel
tempo che ci vuole agli agenti per individuare il luogo da cui è provenuto lo
sparo già non c’è più nessuno. C’era da aspettarselo, pensa amaramente il
detective di primo grado Quentin Chase: noi non siamo stati abbastanza veloci e
lui (o lei, perché escludere questa possibilità) è stato molto rapido. Chase si
augura che la C.S.U.[4]
trovi qualcosa ma si sente decisamente scettico al riguardo.
Joy
Mercado è stata infilata a tempo di record in un’auto blindata e portata nel
Palazzo Federale in una stanza senza finestre.
-Qui sarà al sicuro.- le sta dicendo una bella
donna di chiare origini portoricane.
-Ne è davvero sicura Agente Del Toro? Se non
ricordo male, qualche mese fa un testimone federale è stato assassinato proprio
mentre era sotto protezione. Qualcuno aveva piazzato una bomba in uno degli
ascensori della Procura Federale a poca distanza da qui.[5]
Chi mi garantisce che non mi accada lo stesso?-
L’Agente
Speciale Angela Del Toro fa una smorfia. Giornalisti, creano sempre guai.
-La porteremo in una casa sicura e la terremo
sotto sorveglianza 24 ore su 24.- replica.
-E il mio lavoro?-
-Non credo sia più importante della sua vita…
o sì?-
Joy
si morde le labbra, quindi ribatte:
-Va bene… ma lui viene con me.- indica Ace
seduto in angolo alla sua destra.
-È diventata matta?- esclama Angela -Non
comprometterò la sua sicurezza solo perché lei vuole un maschio a scaldarle il
letto… e non mi faccia essere più volgare.-
Joy si alza in piedi di
scatto e replica:
-Pensi e dica quel che le pare, ma se non viene
lui, non vengo nemmeno io, non si discute. Vieni, Ace, andiamo.-
-Ehi… non potete…-
-Crede? Lei provi a trattenerci e domani sul
Bugle uscirà un bell’articolo sulla prepotenza delle forze di polizia… per
tacere di un bell’approfondimento su Now.-
-Posso impedirne la pubblicazione invocando la
sicurezza nazionale.-
-Meglio ancora: attentato alla libertà di
stampa, abuso di potere, violazione dei diritti civili. Il mio editore J. Jonah
Jameson ci andrà a nozze.-
La
Del Toro schiuma di rabbia ma alla fine dice:
-Va bene, va bene. Dovrò parlarne al Direttore
Freeman ma credo che non obietterà: può portarsi dietro il suo amico.- poi si
rivolge ad Ace –Mi ricordo di te. Nel Bronx sei già una leggenda. So che sei un
tipo a posto e sei abbastanza grande da prenderti i tuoi rischi. Se vuoi
seguire questa pazza, fai pure.-
Ace
sorride e risponde.
-Grazie Angela.-
Avanzare
strisciando sino alla fortezza non è stata una passeggiata per Capitan America.
Le sembra di essere tra l’erba da un’eternità ma finalmente scorge le
sentinelle al portone non ancora riparato.
Scatta
come una molla ed in pochi istanti abbatte le sentinelle poi imbocca di corsa
il portone. È pronta ad aprirsi la strada combattendo se necessario, ma è ben contenta
di non doverlo fare. Si muove tra le ombre con rapidità e circospezione. Deve
trovare il Generale Wo e poi deciderà cosa fare. L’arena è vuota e così pure il
salone dove si trova quella specie di trono su cui Wo ama sedere. Deve essere
nella sua stanza, dovunque sia.
Si
appiattisce in una nicchia buia quando sente l’arrivo di altre guardie. Esce di
colpo dall’ombra e li abbatte con colpi ben piazzati.
Finora
tutto bene, pensa, ma non durerà, lo sa.
Michael
Rossi esamina la jungla dall’alto ed osserva il corso sinuoso del fiume. Dove
sei Liz? Si chiede: sei ancora viva? Sono ancora in tempo. Non ho lasciato nei
guai Carol Danvers quando fu presa prigioniera dai Russi e non lo farò con te
anche se questo dovesse costarmi la carriera.
-Ci siamo signore.- gli si rivolge il pilota:
queste sono le coordinate che mi ha indicato.-
Mike
riflette: quello è il luogo dove sono sparite le squadre dei SEALS. Da lì in
avanti entreranno in una terra di nessuno senza garanzie. È l’ultima occasione
per tornare indietro.
-Proseguiamo.- si limita a dire.
5.
Il
suo nome è Duong Kim-Ly ed è nata in un villaggio di contadini del Vietnam e
questa è l’unica cosa della sua vita passata di cui è sicura prima del giorno
in cui fu portata via e le insegnassero ad usare la sua seconda natura per
cacciare i nemici del Generale Wo assieme ai suoi fratelli ed alle sue sorelle.
Il
suo nome proprio, Kim-Ly, significa “Leone d’oro” nella sua lingua ed i suoi
genitori sapevano bene quel facevano quando l’hanno chiamata così perché è il
grande gatto dorato il suo avatar. Quando si trasforma e diventa una gatta le
sue stesse percezioni cambiano: cacciare, uccidere i nemici, nutrirsi delle
loro carni diventano tutte cose giuste e lei non saprebbe in quale altro modo
vivere.
Certo…
non tutte le cose sono piacevoli. Soddisfare certe esigenze del generale, ad
esempio, è una cosa di cui farebbe volentieri a meno ma ha giurato di servirlo
e non ha altra scelta che obbedirgli.
Si
mette improvvisamente a sedere sul letto. Anche nella sua forma umana le sue
percezioni sono più acute di quelle di una donna normale ed ora ha sentito una
presenza estranea. Non saprebbe dire perché invece di svegliare Wo si alza e si
avvicina alla porta. Non si cura di vestirsi se così può chiamarsi l’allacciarsi
alla vita il corto perizoma che porta di solito, ed apre la porta affacciandosi
nel corridoio. Si guarda a destra ed a sinistra, poi dice in Inglese:
-Esci pure: so che sei lì.-
Capitan
America esce dall’ombra e avanza verso di lei.
-Non voglio combatterti Kim-Ly.- le dice –Sono
venuta per il generale.-
-Lo so.- replica la ragazza –Ma non posso
lasciartelo prendere. Dovrai combattermi per arrivare a lui.-
-Non è necessario. Tu non gli devi niente. Lui
sfrutta i tuoi poteri e quelli degli altri per il suo guadagno personale. È
cattivo, Kim-Ly.-
-Non m’importa. Ho fatto un giuramento e lo
rispetterò.-
Il
cambiamento è quasi immediato e al posto dell’apparentemente innocente ragazza
vietnamita ora c’è una gatta dorata antropomorfa.
Liz
Mace se lo aspettava ma nonostante ciò riesce a malapena a respingere il suo
assalto. Cadono insieme e Liz la fa volare sopra la sua testa ma lei ricade
sulle zampe e manda un verso acuto simile ad un miagolio. Un richiamo, forse,
per i suoi fratelli? Liz non ha tempo di farsi troppe domande perché la gatta
dorata le salta addosso gettandola nella stanza del generale Wo e tentando di
azzannarla alla gola.
Kim-Ly
sa che la donna con cui sta combattendo è buona e non vorrebbe farle del male
ma non ha scelta: la sua vita è consacrata al generale e solo questo conta,
solo questo. I suoi artigli lacerano il costume della sua avversaria le sue
zanne cercano la sua gola, ma prima che possa raggiungerla la sua nemica spinge
contro il suo mento e lentamente la respinge indietro liberandosi di lei
Non
sono abbastanza combattiva con lei? Forse perché vorrei che non fossimo
nemiche? Si chiede Kim-Ly. Allontana quel pensiero e si lancia avanti solo per
incontrare lo scudo lanciato dalla sua avversaria. È un’arma magica: rimbalza,
colpisce, rimbalza ancora e colpisce di nuovo.
Sente
la voce della sua nemica che dice:
-Mi dispiace davvero.-
Cade
al suolo ed un velo nero le ottenebra la mente.
-Come ho detto… mi dispiace.- commenta Cap, poi
si sente afferrare da dietro.
-Dovresti dispiacerti per te stessa, visto che
ora morirai.
Liz
ha appena il tempo di darsi della stupida: si era dimenticata di Wo, che è
stato risvegliato dal frastuono ed ora sta per schiacciarle la gabbia toracica
come se fosse fatta di carta.
Questa
è forse la cosa più pazza che abbia mai fatto, si dice Ben Willard
attraversando di corsa il piazzale oltre il cancello della fortezza, ma se
lasciassi davvero che Capitan America se la veda da sola con questi pazzi, non
sarei più capace di guardarmi allo specchio al mattino. Ho commesso molti
errori nella mia esistenza, ma per una volta vorrei fare la cosa giusta.
Il
piazzale è sgombro: quella ragazza ha eliminato tutte le guardie, ma sarebbe
troppo sperare che sia così anche all’interno.
C’è
del frastuono al piano superiore. È lei, non c’è dubbio. Un gruppo di guardie
armate si precipita fuori da una porta. Vedendolo rimangono un attimo
interdetti, è un attimo di troppo, perché basta a Willard per falciarli con una
raffica del suo Kalashnikov.
Non
perde altro tempo e si precipita per le scale. Alle sue spalle altri rumori e
qualche sparo ma per fortuna non l’hanno preso. Emerge in un corridoio in tempo
per sentire, proveniente da una stanza vicina una voce che dice:
-Ora morirai.-
Nella
stanza il Generale Wo sta cercando di spezzare la schiena di Capitan America.
-Fermo!- gli intima Willard,
Forse
è perché Wo si è fermato distratto dall’arrivo di Willard o forse Liz Mace ci
sarebbe riuscita comunque, ciò che conta è che con uno scatto di reni riesce a
mandare Wo contro una parete.
Cap
si sente mancare il fiato. Le sembra che la stanza le balli intorno. Vorrebbe
stendersi e riposare ma sa che non può permetterselo. Alza gli occhi e quel che
vede le fa gridare a Willard:
-Attento!-
Alle
spalle di Willard sono apparsi gli uomini felino e il marinaio voltandosi spara
istintivamente. Uno degli ibridi cade ma gli altri si avventano su Willard.
Cap
si alza e si getta su di loro allontanandoli. La guardano con odio, poi. Improvvisamente
una raffica di proiettili investe la fortezza e solo la prontezza di Liz le
consente di proteggersi con lo scudo. Cosa sta succedendo? Si chiede.
6.
Una
fortezza, Mike Rossi quasi non ci crede. Gli passano per la mente le immagini
del recinto di King Kong e si chiede perché.
Dal
basso guardie armate hanno visto l’elicottero e sparano. Da una torretta
qualcuno usa una mitragliatrice.
Se
si deve giocare duro, lo faremo, pensa Rossi e dà l’ordine:
-Sparate!-
Le
mitragliatrici in dotazione al velivolo cantano la loro canzone di morte in un
inferno di proiettili.
All’interno
dell’edificio Capitan America si sta rimettendo in piedi quando un rumore la fa
voltare: Wo è di nuovo in piedi e si sta dirigendo verso di lei.
Una scarica di
Kalashnikov lo colpisce in pieno Il generale continua ad avanzare ma una nuova
scarica si abbatte su di lui. Con un’espressione strana in volto il vietnamita
cade con un tonfo sordo.
Ben
Willard lascia cadere il fucile mitragliatore e per un attimo la scena sembra
congelarsi, poi uno degli uomini felino, quello con le sembianze da tigre si
muove. Liz si prepara a combattere ma quello si dirige verso Kim-Ly e la prende
in braccio, poi si getta dalla finestra seguito dagli altri.
Cap
si china su Willard. Ha delle brutte ferite
-Sembra…- mormora lui azzardando un sorriso -…
che non potremo farci quella bevuta di rum che ti avevo promesso.-
-Oh sì che la faremo.- replica lei –Quando
starai meglio.-
-Non…. Non sei molto brava a mentire. Se
dovessi mai incontrare l’ammiraglio Hatfield della Regia Marina Australiana,
digli… digli che suo figlio…-
Non
termina la frase e reclina la testa. Liz non ha bisogno di tastargli il polso
per sapere che è morto.
-Lo farò.- mormora mentre lacrime le rigano il
volto.
Una
forte esplosione la scuote e lei, finalmente guarda fuori. C’è un elicottero
Huey là in aria e a bordo… Mike Rossi? È venuto a prenderla, ma se la trova
saprà che lei è Capitan America.
Improvvisamente
il suo sguardo cade su un sacco di tela: il suo borsone, quello che lei aveva
lasciato nella jungla. I soldati di Wo devono averlo trovato e portato con sé.
Forse lui voleva esaminarlo nella speranza di scoprire di più su di lei. Non le
importa, ora sa cosa fare. Getta una breve occhiata a Wo, i cui occhi sono
vitrei, e comincia a spogliarsi.
Una
seconda esplosione, pensa Mike Rossi. La prima era stata quella del serbatoio
di una jeep ed ora sembra essersi innestata una reazione a catena.
-La resistenza sembra essere cessata.- dice
uno dei mitraglieri.
-Bene… atterriamo.- ordina Rossi.
-Non so se è una buona idea- commenta il
pilota.
Rossi
nota uscire dalla fortezza una donna bionda che porta con sé un borsone ed
agita le mani.
-E invece è una buonissima idea.- replica.
L’elicottero
atterra e Rossi salta giù. D’impulso abbraccia Liz Mace che è corsa verso di
lui.
-Sei viva.- esclama –Lo sapevo, lo sapevo.-
Un
po’ di risatine dei suoi uomini lo convincono a ricomporsi.
-Bene, maggiore… mi dirà dopo quel che è
successo. Ora pensiamo ad andar via di qui.-
Senza
mai mollare il suo borsone Liz sale sull’elicottero che decolla immediatamente.
Si
sono appena sollevati che una violenta esplosione scuote la fortezza. Le fiamme
devono aver raggiunto un deposito munizioni, pensa Liz. Sia come sia, è finita.
All’orizzonte
un nuovo sole sta nascendo.
EPILOGO UNO
La
calma è tornata a regnare sulla jungla. Presto la vegetazione coprirà quel che
resta della fortezza e sembrerà che non sia mai esistita.
Quattro
grandi felini, più grandi del normale, degnano appena di uno sguardo le rovine
e si inoltrano nel folto della jungla. Alla loro testa una Gatta Dorata
Orientale.
EPILOGO DUE
In
una “casa sicura” di Bangkok messa a disposizione dalla C.I.A. il maggiore
Elizabeth Mary Mace ha appena finito di farsi una doccia e sta pensando
all’imminente ritorno a casa. I ricordi della brutta avventura sfumano nella
luce del tramonto. Presto sarà a casa, rivedrà facce familiari e non ne vede
l’ora. Marty Mitchell l’avrà data per dispersa ed hanno molto di cui parlare e
la cosa la inquieta Il senso di colpa è una brutta bestia, pensa.
Un
lieve bussare alla porta della sua stanza ed una voce familiare:
-Sono io Mike Rossi.
Senza
pensare che tutto quel che indossa è un asciugamano lei spalanca la porta e lui
è lì, davanti a lei in comuni abiti civili, camicia e calzoni, con gli intensi
occhi castani che la fissano.
Restano
a guardarsi in silenzio, poi lui la afferra per i fianchi attirandola a sé e la
bacia con passione. Liz ricambia il bacio e lascia cadere a terra
l’asciugamano.
FINE
NOTE DELL’AUTORE
Non
c’è molto da dire su quest’episodio, quindi diciamolo subito:
1)
Due parole sulle gemelle di Leila Taylor: quando le ho introdotte su
questa serie mi sono ispirato a due personaggi della linea MC2, ambientata in
un prossimo futuro, due combattenti del crimine che usavano entrambe l’identità
di Ladyhawk ed un costume ispirato a quello verde, originale, di Falcon. In MC2
erano Rosetta e Regina, figlie del boss del crimine di Harlem Morgan, che
avevano deciso di usare un’identità ispirata a quella di Falcon e di fare le
supereroine per espiare i peccati del padre. In MIT la loro madre è Leila
Taylor, ex amore di Falcon, ma chi è il padre? In MIT Boss Morgan è
effettivamente morto nella miniserie “Punisher: Circle of Blood” ma Valerio
Pastore, nella sua serie I Campioni, ha introdotto suo figlio Paul che io ho
subito adottato come nemesi di Falcon e questo dovrebbe darvi qualche idea. Ah,
un’ultima cosa, visto che nella nostra continuity sono figlie di Leila,
diversamente dal MC2, non è detto che si chiamino Rosetta e Regina anche qui.
-_^
2)
Giusto per la cronaca, l’agente del F.B.S.A. Angela Del Toro è un
personaggio introdotto da Carmelo Mobilia nella sua serie di Occhio di Falco e
basata sull’omonimo personaggio creato da Brian Michael Bendis & Alex
Maleev su Daredevil Vol. 2° #59. È d origine portoricana e viene dal Bronx ma
non è detto che sia imparentata con Hector Ayala e, stando al buon Carmelo, non
diventerà la nuova Tigre Bianca.
3)
Il Cecchino un mio personaggio originale che è una sorta di fusione di
due avversari del Punitore: Hitman tradotto dalla Corno come il Persecutore,
alias il tenente dei Marines Burt Kenyon, creato da Archie Goodwin e& Sal
Buscema su Spectacular Spider Man Vol. 2° #4, e Sniper, alias Rich Von Burian,
creato da Carl Potts & Jim Lee su Punisher war Journal Vol. 1° #4. Ha fatto
il suo debutto su Iron Man MIT #49.
4)
Confesso, colpa della mia passione di cinefilo: la frase finale di Ben
Willard è stata ispirata dalle battute finali del giocatore Hatfield,
interpretato da John Carradine, nel capolavoro western “Ombre Rosse”.
Nel prossimo episodio: un
po’ di conseguenze. Falcon, Leila, Morgan, Joy Mercado nel mirino, Sin,
Crossbones e… ah sì… c’è anche Capitan America.
Carlo